martedì 1 dicembre 2020

#Recensione. Gli Inganni di Locke Lamora di Scott Lynch | Il miglior fantasy del 2020?

C'era una volta il West.
No. Per noi sarà C'era una volta Camorr, città fiorente di criminali e truffatori come una brodaglia di vegetali ammuffiti, che diede i natali e la gloria a Locke Lamora, famigerato manipolatore di menti, re incontrastato (o quasi) di inganni e frodi. 

Inizia così questo giro di giostra in sella alla saga dei Bastardi Gentiluomini di Scott Lynch e ancora una volta bisogna ringraziare Chiacchiere Letterarie per aver scelto di coinvolgere il nostro salotto di spaccio bibliofilo nella missione. E la Mondadori, naturalmente, per averci fornito le copie dei tre volumi.
Trovi il calendario con gli altri blog partecipanti proprio qui sotto.

 

Un romanzo per volta, per non affaticarti di informazioni (qui ce ne sono parecchie).
Cominciamo dalla trama. 

Titolo | Gli Inganni di Locke Lamora
Autore | Scott Lynch
Editore | Oscar Vault Mondadori
Pagine | 612
Prezzo | 17,10€

È una serie? | Sì, di ben 7 volumi 
Nella misteriosa città di Camorr un orfano ha vita dura, e spesso breve. Ma il giovane Locke Lamora riesce a eludere la morte e a non farsi catturare come schiavo, fino a diventare un furfante provetto sotto la tutela del Forgialadri, un talentuoso artista della truffa. A capo della banda di fratelli dalle dita leste, noti come Bastardi Galantuomini, Locke diventa presto celebre, e si fa beffe persino del più temuto re della malavita. Ma tra le ombre si annida qualcuno di ancora più ambizioso e micidiale. Di fronte a un sanguinoso colpo di stato che minaccia di distruggere qualunque persona o cosa che abbia un senso nella sua esistenza, Locke giura di sconfiggere il nemico al suo stesso gioco crudele. Costi quel che costi.

Come te non c'è nessuno

Purtroppo o per fortuna, dipende dai punti di vista. La premessa doverosa che devo anteporre alla recensione riguarda il desiderio viscerale che covavo da anni di innamorarmi follemente di questa saga, stile, ambientazione, personaggi e tutto. Le esperienze insegnano che avrei dovuto contenere le aspettative. Non perché non mi sia piaciuta, quanto piuttosto perché muovere i passi nel sordido e sfarzoso regno di Lynch è come fissare ininterrottamente una bizzarra commistione di Escher, Dalí e Arcimboldo. Canali di acque limacciose, fumi puzzolenti, strade sdrucciole, edifici di mattoni scuri con guardiole ed enormi portoni sorvegliati, taverne appestate, sotterranei come bunker e piattaforme traballanti su cui un numero indefinito di giunoniche fanciulle si sfida a farsi ammazzare da bestioni acquatici che sembrano squali fusi a dinosauri. 
Perdersi a Camorr, perciò, è una probabilità molto alta. Ciò non deve spaventarti, ma prepararti al tipo di registro narrativo che andrai a incontrare. 

A Lynch piace ricamare 

Non il punto-croce. 
Le parole. 
Come se fossero giganteschi arazzi da contemplare. Le affigge ovunque, trapuntando la storia di lunghi, lunghissimi excursus, svicolando abilmente (deve aver appreso la tecnica da Locke stesso, dopotutto) da quello che è il sentiero principale della trama per imboccare sotterfugi, nascondigli e viuzze secondarie. Spiegare gli usi e i costumi di un mondo che non si conosce è utile, tuttavia l'impressione è che in più di questi momenti avrebbe potuto affidarli al dialogo dei personaggi, agli interludi, o anche sincronizzarli con le pause descrittive tra la fine di una scena e l'avvio della successiva, non nel bel mezzo di una situazione cruciale, non troncando uno scambio di battute, evitando quindi di incrinare l'attenzione e la tensione del lettore. 
Appuntatagli questa piccola rimostranza, gli si perdona il vezzo dinnanzi alla grandiosità immaginativa e ai reticoli evolutivi sapientemente concepiti e piazzati all'interno delle vicende. In questo capitolo d'apertura, specialmente, dove è importante familiarizzare con i personaggi, individuarne i protagonisti e i contrapposti, orientarsi nella complicata geografia dei luoghi e negli ancor più complicati (e inafferrabili, credimi) piani di Locke, risultano evidenti l'estro e il talento poderosi nel plasmare un'idea tanto… semplice, diresti, quella dei raggiri e del malaffare, per trasformarla in una versione fantasy-steampunk e più sgualdrina dei colpacci di Arsenio Lupin. 

Mangia come parli

Una delle regole fondamentali della buona scrittura. Con padronanza della grammatica, ma tenendo fede all'immediatezza espressiva attraverso la quale siamo soliti comunicare nella quotidianità. 
Lynch osserva il principio alla lettera.
I suoi Bastardi Galantuomini se le cantano e se le suonano berciando improperi a destra e a manca, riservando al lettore non pochi shock. La volgarità del linguaggio si percepisce subito conforme al contesto narrativo, tuttavia anche in questo caso la sensazione è che in alcuni dialoghi si sarebbe potuta sfoltire o, addirittura, elidere perché forzata (per un esempio perfettamente riuscito di utilizzo del volgare, vedi Gideon. La nona). 

Tifare per i cattivi

Non è mai stato così divertente (e irriverente).
Sembra che la mia sia una recensione negativa, ma posso (r)assicurarti di essermela spassata un sacco. Ciò che devi sapere è che Locke Lamora ti frega sempre. Tentare di batterlo e indovinare le sue diaboliche macchinazioni mentali è un'impresa che ti invito ad abbandonare prima di pagarne la triste e bruciante frustrazione. 
Lui e la sua banda sono stati tirati su dal mentore/benefattore (altrettanto disonesto) Catena, allevatore di giovani delinquenti che si è procacciato la stima del boss di quartiere (non la dicitura esatta esatta, ma avrai di certo capito cosa voglia intendere) Capa Barsavi. Sotto la sua ala minacciosa, le gang di malavitosi più potenti di Camorr. Bada bene, però. C'è una differenza sostanziale tra gli accuditi di Catena e i comuni ladruncoli di strada. I secondi rubano senza grazia, i secondi lo fanno con cavalleria. Motivo per cui non finiscono sgozzati. Forse.

Ritratto di famiglia. Da sinistra: Cimice, Jean (mio adoratissimo), i gemelli Sanza e quel figlio di buona donna di Locke Lamora. 
     
La caratterizzazione di ogni singolo personaggio è la riprova del fatto che Lynch sia un tessitore esperto. Il passato circuisce il loro presente, il presente dissoda il terreno a un futuro che programmano generoso di ricompense ma che, a causa di un'imminente insurrezione politica all'orizzonte (sfregati le mani, amico lettore, perché non hai idea di quanta roba succulenta ci sia in pentola) e ad alcune, ehm, interessanti intromissioni di scena, alzerà la posta in gioco. Qualcuno è deciso a surclassare l'imprendibile Spina di Camorr (un altro nome di Locke) e per il leader dei Bastardi Galantuomini sarà una sfida troppo appetitosa alla quale rinunciare.

Malamore

Un connubio tra amore e malinconia. Perché te lo starai domandando, non mentire. 

Spiacente, ma sono latrice di brutte notizie. Nessuna traccia esplicita, se non riferimenti vaghi e nomi di cui sospettare. Che il cuore di un garrista impenetrabile come Locke Lamora possa farsi cedevole ai sentimentalismi ci pare strano, persino inappropriato, eppure…
Gli indizi sono a senso unico: Sabetha Belacoros, recluta di Catena dai tratti sfuggenti e dal destino misterioso. Dove sia, non si sa. Nel primo libro, si levano calici in suo onore (nel rispetto di una pratica tradizionale tra i Bastardi), immaginandola salva, alle prese con chissà quale imbroglio in chissà quale città remota di Therin. Per fare la sua conoscenza, dovrai pazientare fino al terzo capitolo, La Repubblica dei Ladri, ma ti garantisco che l'attesa sarà ampiamente premiata.

In conclusione

Vale la pena leggere Lynch? 
Non è nemmeno una domanda. 
Certocchesì. Se non l'hai ancora fatto, colma la lacuna. 
E poi torna venerdì 4 per proseguire con la fase due del Tour: la recensione de I Pirati dell'Oceano Rosso

Ti lascio una canzone. 
Anzi, la lascio a Locke.
Perché ha ferito i miei sentimenti. 
Io che volevo essere sua e invece sono stata scartata.

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