sabato 5 dicembre 2020

#Recensione. I pirati dell'oceano rosso di Scott Lynch | Yo-ho-ho, e una bottiglia di rum (o di brandy)!


Del più contraffatto e speziato, con un retrogusto vagamente salmastro. 
Così da non dimenticare le gesta eroiche dei nostri pazzi Gentiluomini. Alla fine del primo romanzo, hanno rischiato di rimetterci la pellaccia che tuttavia, dura come corteccia, è riuscita a sfangarla, partendo alla volta di Tal Verrar, città isolana dove il gioco d'azzardo è la regola e ogni tipo di eccezione e/o baro viene brutalmente punito.
Con la morte. E senza preghiera di remissione dei peccati. Ouch.

Queste le premesse de I pirati dell'oceano rosso, secondo volume della saga dei Bastardi Gentiluomini di Scott Lynch, oggi recensito per voi grazie al Review Party promosso da Chiacchiere Letterarie.

Le copie ci sono state omaggiate dalla Mondadori, che si ringrazia infinitamente.

Titolo | I pirati dell'oceano rosso
Autore | Scott Lynch
Editore | Oscar Vault Mondadori
Pagine | 811
Prezzo | 18,00€
Saga dei Bastardi Gentiluomini | 2/7
Dopo un violento combattimento con la malavita che li ha quasi uccisi, Locke e il suo fedele compare Jean fuggono dalla città in cui sono nati e approdano agli esotici lidi di Tal Verrar per curarsi le ferite. Ma neppure all'estremità occidentale del mondo civilizzato possono riposare, e presto tornano a dedicarsi a ciò che sanno fare meglio: rubare ai ricchi e intascare il ricavato. Questa volta il loro obiettivo è oltremodo ambizioso: la torre di Peccapicco, la casa da gioco più esclusiva e più sorvegliata che ci sia. I suoi nove piani attirano una clientela facoltosa, e per giungere fino alla cima servono buon credito, comportamenti bizzarri... e un gioco semplicemente impeccabile. Perché c'è una sola regola importante che Requin, lo spietato padrone di Peccapicco, fa rispettare rigorosamente: chi bara avrà la morte. Per nulla intimoriti, Locke e Jean hanno elaborato una strategia che comprende bugie, trucchi e inganni per tutti e nove i piani... su su fino al favoloso caveau di Requin. Sotto mentite spoglie, compiono la loro meticolosa ascesa verso un obiettivo ormai vicinissimo... Ma qualcuno a Tal Verrar ha scoperto il loro segreto. Qualcuno giunto dal passato, che ha tutte le intenzioni di far pagare ai due sfacciati malviventi i crimini commessi. Ora avranno veramente bisogno di ogni grammo di astuzia per salvare le loro anime prezzolate. E potrebbe non bastare...
Siamo a dicembre ma dopo una lettura a immersione nelle pagine di questo secondo capitolo ti sembrerà di aver sofferto il caldo più torrido e l'umidità più soffocante. Avrai sudato copiosamente, ragione per cui ti servirà una doccia, e ti chiederai se gli organi siano tutti ancora operativi e integri. 
Due anni. Di riposo? Per Locke Lamora? Non scherziamo. Il tempo preliminare per la progettazione di un nuovo, diabolico piano, ai danni della più esclusiva bettola da gioco di Tal Verrar: Peccapicco. E del suo proprietario, Requin, che se poco pocco ti sfiora anche solo il pensiero di barare…


(In modo meno composto.)
Eppure, com'è che si canta?, la volpe perde il pelo ma non il vizio e Lamora di burle e fanfaluche ne tirerà comunque, complice il caro, buon Jean che gli coprirà le spalle. Letteralmente, vista la stazza (e le molteplici sbronze). Perché non è tanto il gioco, quanto intrufolarsi nel caveau di Requin e profanare le sue "ricchezze". Eh.
Tutto sarà molto ingegnoso e divertente, finché le cose non si complicheranno il doppio al quadrato.
Rapimenti, possessioni, minacce, veleni, partenze imposte e una faida che può essere risolta solo per mezzo di una frode ordita a puntino, ogni filo meticolosamente intrecciato e il mare in burrasca. 
Ed è a questo punto — un riff che si ripete mai uguale al precedente — che il garrista e il suo compare, data la situazione delicata e le condizioni di salute non proprio rassicuranti, cominciano a sfoderare gli assi nella manica e a porli sul tavolo a faccia scoperta. Mentire, poi smascherarsi, poi mentire ancora, poi prendere quello che viene e ricavarci sempre un'opportunità di vittoria, o di sfida. 
Dall'altra parte, osservi stravolto il loro compiacimento malandrino e abbassi le mani, battuto. 
Come.
Diamine.
Faccia.
Non lo sai. Né lo saprai mai. Convincitene, prima di spappolarti il fegato.

Si salpa verso il Mare d'Ottone, così detta Stragos, l'Arconte di Tal Verrar, con una competenza in fatto di navigazione che farebbe invidia a Francois l'Olonnais (tra i pirati più crudeli della Storia, pare).


 
No, perché Locke e Jean non ne sanno un piffero e sono praticamente f*****i. 
Via con l'improvvisazione, come nelle più virtuose perfomance jazz. 
Da Stragos hanno ricevuto le informazioni necessarie*: quanto resta loro prima di schiattare (l'antidoto del veleno che hanno ingerito è una formula segretissima che solo l'alchimista personale dell'Arconte possiede), cosa fare e con chi tornare. Se falliscono, tanti saluti a tutti.

Quello che ho venerato di questo episodio due è l'incastro perfetto dei dettagli di scena, delle motivazioni che determinano le interazioni tra i personaggi (vecchi e freschi di introduzione) e il loro approfondirsi. Se nel romanzo d'apertura, infatti, l'autore aveva speso energie e concentrazione per collegare le estremità delle macchinazioni dei Bastardi, ponendo poco focus sulla trattazione introspettiva delle loro personalità individuali e gestendoli in collettivo (sebbene la possibilità di distinguere nitidamente le caratteristiche di ciascuno, così come la loro posizione all'interno delle vicende), qui l'anatomia interiore sfavilla, ergendosi imponente e consentendo al lettore di ispessire il livello di empatia con i suoi favoriti (Jean, mon amour). 
L'equipaggio dell'Orchidea Velenosa, l'imbarcazione che recupererà i due ladri avventurieri a seguito di colpi al cuore, ammutinamenti (uno dei momenti 🔝dell'intero libro) e razzie casuali ed eventuali che procurano l'ennesima sciagura, è l'incontro di svolta della narrazione, le cui tinte si arricchiscono di voci inedite e variegate, legami decisivi e cortocircuiti ulteriori nell'esistenza della Spina di Camorr. Non mancano le rivelazioni, disseminate negli interludi (interferenze graditissime, più qui che ai loro esordi), e gli indizi che ammiccano nei dialoghi e nei particolari sfuggenti dei capitoli. Un vedo-non-vedo che premia la curiosità degli audaci e il lavorio delle menti assorte. 
Poi, vabbè, Locke è un mago della personificazione. Il travestimento è sempre maledettamente su misura e più sporca e disonesta è la faccenda, più è alto e ghiotto il suo grado di coinvolgimento. Lo si ama per cause di forza maggiore.

Pertanto, quello che mi aspettavo e che immagino ogni lettore desideri quando sceglie di intraprendere un viaggio lungo come può esserlo un'eptalogia: assistere a un'evoluzione in crescendo.
I pirati dell'oceano rosso lo è. Senza ombra di dubbio.

Ora, continui a serbare incertezza o è da un pezzo che sei alle prese con La repubblica dei ladri?
Ci rivediamo lunedì 7 per la terza — e purtroppo ultima, ma solo temporaneamente — tappa di questo magnifico RP. Pronto a conoscere la femme fatale?
 

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