In una contemporaneità in cui leggere è quasi sacrilego e punibile con la morte (o comunque con una pesantissima sessione di bullismo sociale), non mi resta che perseverare nella missione di raccontarvi storie che sappiano far riaffiorare in superficie tutte le nostre emozioni a chiusura ermetica.
Per carità, ci sono giorni (e lo sapete bene) in cui arrendermi alla passività delle abitudini e dei sentimenti in scatola acquista un prospettiva più che allettante, ma resisto alla tentazione, mi risparmio il pentimento languido di coscienza e muovo un altro passo.
Tutto il mondo è intrattenimento e siamo tutti consumatori consumati. In un certo senso, siamo diventati il paradosso più sconcertante che sia mai stato concepito: uomini che nascono già vecchi, assuefatti alla radiazioni di un progresso retrogrado che recluta cervelli per svuotarli della loro materia organica e imbottirli di nulla e silenzio, fino a sentirli implodere. Ecco com'è che compaiono le idee invertebrate, i pensieri impotenti, quel risucchio di energie dove la sostanza vitale precipita e si esaurisce. Dovremmo limarci le unghie perché restino in ordine e mantengano lo spazio che gli appartiene e invece insistiamo a rosicchiarcele finché il dolore non inizia a farsi amico prediletto, alleato fedele e persino più divertente di tutta la gioia che resta. Il positivismo è superato (ed è anche da rammolliti), meglio affidarsi al realismo superbo e nichilista che perlomeno si attiene ai fatti, presenta prove tattili, ha sempre, indiscutibilmente ragione. E al via la prevaricazione, gli egoismi, le relazioni plastiche dove i sorrisi nascondono ghigni e gli abbracci si disperdono come nuvolette di fiato in inverno. Però, boh, sarà che sarò pure un po’ stupida a crederci così tanto ma la voglia di manifestare il buono e il bello non muore mica per così poco. Ci si prosciuga, ovvio, ma si affondano i piedi in terra e si impara a governare qualsiasi debolezza per nutrire le proprie radici, difendere la propria identità e tenere duro. Per esempio con i libri e, in particolare, con le letture protagoniste di questa scorribanda letteraria.
Il suo nome esprime allegria, invece agli occhi degli altri Gioia non potrebbe essere più diversa. A diciassette anni, a scuola si sente come un’estranea per i suoi compagni. Perché lei non è come loro. Non le interessano le mode, l’appartenere a un gruppo, le feste. Ma ha una passione speciale che la rende felice: collezionare parole intraducibili di tutte le lingue del mondo, come cwtch, che in gallese indica non un semplice abbraccio, ma un abbraccio affettuoso che diventa un luogo sicuro. Gioia non ne hai mai parlato con nessuno. Nessuno potrebbe capire. Fino a quando una notte, in fuga dall’ennesima lite dei genitori, incontra un ragazzo che dice di chiamarsi Lo. Nascosto dal cappuccio della felpa, gioca da solo a freccette in un bar chiuso. A mano a mano che i due chiacchierano, Gioia, per la prima volta, sente che qualcuno è in grado di comprendere il suo mondo. Per la prima volta non è sola. E quando i loro incontri diventano più attesi e intensi, l’amore scoppia senza preavviso. Senza che Gioia abbia il tempo di dare un nome a quella strana sensazione che prova. Ma la felicità a volte può durare un solo attimo. Lo scompare, e Gioia non sa dove cercarlo. Perché Lo nasconde un segreto. Un segreto che solamente lei può scoprire. Solamente Gioia può capire gli indizi che lui ha lasciato. E per seguirli deve imparare che il verbo amare è una parola che racchiude mille e mille significati diversi. Ci sono storie capaci di toccare le emozioni più profonde: Eppure cadiamo felici è una di quelle. Enrico Galiano insegna lettere ed è stato nominato nella lista dei migliori cento professori d’Italia. I giovani lo adorano perché è in grado di dare loro una voce. Grazie al suo modo non convenzionale di insegnare, in breve tempo è diventato anche un vero fenomeno della rete: ogni giorno i suoi post su Facebook e i suoi video raggiungono milioni di visualizzazioni. Un romanzo su quel momento in cui il mondo ti sembra un nemico, ma basta appoggiare la testa su una spalla pronta a sorreggere, perché le emozioni non facciano più paura.
Una giovane donna attende con ansia fuori da una stanza d'ospedale. È stata lei ad accompagnare lì d'urgenza l'uomo che ora è ricoverato in gravi condizioni. È stata lei a soccorrerlo in spiaggia, mentre passava per caso, dice. Non dice – non può farlo – che invece erano insieme, che sono amanti. Lo stesso giorno, in un'altra ala dell'ospedale, una donna è in attesa di notizie sul marito, vittima di un incidente d'auto. Non era con lui al momento dell'impatto; non era rintracciabile mentre la famiglia, da ore, cercava di mettersi in contatto con lei. E adesso, quando la informano che in macchina con il marito c'era una sconosciuta, non sembra affatto stupita. La prima donna è Giulia. La seconda è ancora Giulia. E il destino, con la sua ironia, ha scelto proprio quel giorno per fare entrare in collisione le due metà della sua vita: da una parte, quella in cui è, o sembra, una moglie fortunata e una figlia devota; dall'altra, quella in cui vive di nascosto una passione assoluta e sfugge al perbenismo di sua madre – alle ipocrisie, ai non detti, a una verità inconfessabile. Una verità che perseguita Giulia come una spina sotto pelle; un segreto che fa di lei quell'essere così tormentato e unico, luminoso e buio; un vuoto d'amore che si porta addosso come una presenza ingombrante, un caos che può soltanto esplodere. Perché l'amore è una voce che non puoi zittire e una forza che non puoi arrestare. L'unica spinta che può riportarti a ciò che sei veramente. Sara Rattaro torna con L'amore addosso , una storia potente e sincera, che parla di famiglia e amore, amicizia e desideri inafferrabili. Una storia che mette a nudo gli alibi dietro cui ci nascondiamo per paura di ferire o essere giudicati, le bugie che diciamo per amore ma che solo un amore vero potrà poi perdonare. L'amore addosso è un romanzo in cui è la nostra stessa vita a raccontarsi tra le pagine e le emozioni ci arrivano dritte al cuore.
Siamo tutti in grado di riconoscere la differenza tra rabbia e paura, tra desiderio e invidia. Sappiamo anche che è meglio non confondere l’affetto con l’amore, il rimpianto con il rimorso, l’euforia con la felicità. Quello di cui non ci rendiamo conto, però, è che lo spettro delle emozioni umane è ancora più sfumato di così: esistono sensazioni che tutti noi abbiamo provato, stati d’animo molto precisi e inconfondibili, a cui però spesso non abbiamo saputo dare un nome. Eppure in qualche angolo del mondo, in qualche lingua a noi ignota esiste una parola precisa che li definisce: per esempio solo gli eschimesi chiamano iktsuarpok il miscuglio di ansia, nervosismo, eccitazione e felicità che prova chi aspetta l’arrivo di ospiti a casa; per i finlandesi, kaukokaipuu è l’inspiegabile nostalgia per un posto dove non siamo mai stati; gli spagnoli chiamano vergüenza ajena l’imbarazzo empatico di chi assiste alle figuracce altrui. Tiffany Watt Smith attraversa storia, antropologia, scienza, arte, letteratura e musica in cerca delle espressioni con cui le culture di tutto il mondo hanno imparato a definire le proprie emozioni. Di parola in parola veniamo risucchiati nel caleidoscopio di questo libro divertente, colto e curioso, metà enciclopedia e metà atlante, che mentre mappa le differenze affettive tra i popoli ci ricorda che nell’universalità di ciò che proviamo ci scopriamo uguali.
Una ragazza, A, vive in un'anonima città americana con la coinquilina, B, e il ragazzo, C. Mangia quasi solo ghiaccioli e arance, trascorre un assurdo quantitativo di tempo davanti alla TV, ipnotizzata dalla pubblicità o dal reality show che C ama tanto, e plasma il proprio corpo su un modello di bellezza che esiste solo sullo schermo. Nel frattempo B tenta disperatamente di fare di sé una copia di A, appropriandosi delle sue cose e delle sue abitudini, mentre A cerca un senso alla propria vita al di là della dipendenza dal ragazzo. Si rilassa solo spiando la famiglia dall'altra parte della strada, che tuttavia un giorno scompare misteriosamente: padre, madre e figlia salgono in macchina camuffati da fantasmi e se ne vanno, lasciando sulla porta del garage una sinistra scritta.
Esistono numerosi vocaboli che posseggono significati diversi nell'accezione musicale e nel lessico quotidiano. Chissà per quale disegno del destino, spesso questi termini risultano positivi nel contesto musicale, ma negativi altrove. Parole come rubato, ictus, capriccio, distorsione, frottola, ritardo, imbroglio, indubbiamente detengono un nobile significato in musica, mentre nel discorso quotidiano rimandano a nefandezze di ogni genere. Da qui lo spunto per un divertente ricamo, spesso paradossale, qua e là irriverente, creato con la sovrapposizione delle diverse accezioni. Una lettura leggera.
Henry ha intenzione di salire su un aereo per andarsi a godere una breve vacanza al mare insieme a Martha, la nuova, giovanissima compagna, che è poi la maestra elementare della figlia Mercedes. Caroline, dopo essersi sfogata sul guardaroba del marito infedele, parte all’inseguimento di Henry per cercare di riconquistarlo. Intanto, Craig e Lesley – i vicini – sono passati per testimoniare la propria solidarietà alla coppia in crisi. E di lì a poco Craig tornerà a casa di Henry e Caroline da solo, con tutt’altre intenzioni. Mentre gli adulti sono impegnati a fare ordine nella loro vita, sarà zia Janice, la sorella di Caroline, a occuparsi di Mercedes e della piccola Paris, chiusa in un ostinato mutismo. È Janice la persona sensata della famiglia, una microbiologa che ama il suo lavoro e crede con fervore nella bellezza del metodo scientifico e nella capacità della scienza di spiegarle il mondo intero. In fondo, a sentir lei, anche in amore tutto dipende dai batteri. Adorabili, ragionevoli, affidabili. Perché l’amore non ha nulla di razionale, non è una cosa a cui si pensa, in cui si decide di entrare o da cui si decide di uscire. Non è che l’inizio di una brillante commedia degli equivoci, spassoso dramma domestico di tradimenti, verità e bugie, in cui imprevisti e colpi di scena si alternano a considerazioni sulla vita segreta di ognuno di noi, fino a costruire una divertente quanto sottile riflessione sugli alti e bassi della coppia e delle umane relazioni.
Il liceo sta filando liscio, privo di drammi, quando Keats, bello, affascinante e brillante, arriva a scuola e sconvolge tutto. Penelope si ritrova così con il cuore spezzato, e decide di fondare un museo per curare le proprie ferite e raccogliere tutti gli oggetti che raccontano l'estasi e la delusione del suo primo amore. Perché, a volte, lasciar andare il passato è l'unico modo per trovare il proprio futuro.
Si tratta di short stories inviate singolarmente, nel corso degli anni Trenta, a diverse riviste e testate cui si aggiungono alcuni soggetti per il cinema. Sono storie nelle quali giovani uomini e giovani donne parlano e pensano in una lingua nuova per l’epoca, senza censure, senza limitazioni, di matrimonio, di amore e sessualità; ci sono finestre spalancate sui sanatori e le cliniche psichiatriche, le stesse che ospitarono Zelda Fitzgerald nell’ultima parte della sua vita; ci sono spaccati della guerra civile, senza sconti alla violenza di quel momento fondante della storia americana; ci sono le montagne del North Carolina, che Francis frequentò a lungo per curare la sua salute, e l’amatissima New York, ora con meno luci, quasi periferica, più vera. C’è il mondo del cinema, scintillante ma non immune alle malinconie, e ci sono i ricchi, quella frangia della società che Fitzgerald come nessun altro aveva saputo raccontare negli anni Venti, accanto ai poveri resi sempre più poveri dalla Grande depressione. Soprattutto, Per te morirei, grazie anche all’attenta curatela di Anne Margaret Daniel, è un affresco illuminante sul processo creativo di uno scrittore che, perfino nell’ultima parte della sua carriera, afflitto da difficoltà economiche, non fu disposto a compromessi o interferenze. Ritroviamo in tutta la sua energia la prosa elegante, acuta, sorprendente di Fitzgerald, il talento puro e la voce inconfondibile di uno dei più grandi autori del Novecento.
C’è un quartiere vicino alla città ma lontano dal centro, con molte strade e nessuna via d’uscita. C’è una ragazzina di nome Adele, che non si aspettava nulla dalla vita, e invece la vita le regala una decisione irreparabile. C’è Manuel, che per un pezzetto di mondo placcato oro è disposto a tutto ma sembra nato per perdere. Ci sono Dora e Fabio, che si amano quasi da sempre ma quel “quasi” è una frattura divaricata dal desiderio di un figlio. E poi c’è Zeno, che dei desideri ha già imparato a fare a meno, e ha solo diciassette anni. Questa è la loro storia, d’amore e di abbandono, di genitori visti dai figli, che poi è l’unico modo di guardarli. Un intreccio di attese, scelte e rinunce che si sfiorano e illuminano il senso più profondo dell’essere madri, padri e figli. Eternamente in lotta, eternamente in cerca di un luogo sicuro dove basta stare fermi per essere altrove.
L'amore è più di quel che vedono gli occhi. Will, pur essendo cieco dalla nascita, decide di frequentare un liceo pubblico, vincendo i timori della madre iperprotettiva. Inizia così un'esilarante tragicommedia: in mensa si siede sulle gambe di un compagno, una ragazza ha una crisi di nervi convinta che lui la stia fissando... Per riparare, Will si offrirà di aiutarla a scrivere un articolo su una mostra di Van Gogh: impresa difficilissima, perché a Will mancano totalmente il concetto di prospettiva, di colore, e Cecil deve spiegargli ciò che vede evitando qualsiasi metafora visiva. Quando a Will viene offerta la possibilità di affrontare un'operazione sperimentale che potrebbe ridargli la vista, il padre, medico, cerca di dissuaderlo perché i casi di successo sono rarissimi e le ricadute psicologiche spesso pesantissime. Ma Will decide di rischiare e le conseguenze, seppur inaspettate e difficili da superare, gli rivoluzioneranno meravigliosamente la vita.
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