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lunedì 21 febbraio 2011

La ragazza della porta accanto di Jack Ketchum







testoVa bene, ora vi spiego.
Avrei dovuto pubblicare una videorecensione di questo romanzo, lo so, ma ho provato e riprovato... finivo sempre in lacrime. Non riuscivo a concludere un pensiero, a trovare una logica, a non balbettare. Mi ritornavano in mente i capitoli, le immagini e mi sentivo male. Troppo male. Perché, comunque, è bene che lo sappiate: questo non è un libro per tutti.


Pensate di sapere cosa sia il dolore?


No, David. Non sapevo cosa fosse davvero il dolore. 


Il dolore può agire dall'interno. 


Chiarisci, David. 


Intendo dire che qualche volta il dolore lo vedi. Il dolore nella sua forma più cruenta e pura, senza droghe, sonno o persino choc o coma che lo attenuino. Lo vedi e lui entra dentro di te. Poi sei tu. 


Sono io. Io che ho accolto il dolore, che ho permesso ai miei occhi di vedere e alle mie orecchie di ascoltare. Questo tipo di dolore uccide, David. Come hai fatto, mi chiedo. Come hai fatto a continuare? Come hai fatto a resistere? Ma, in realtà, è diverso. Tu non opponi nessuna forza contraria all'impetuosa tempesta dei ricordi. Tu ti lasci ancora divorare, la tua storia ne è una testimonianza. Anche se sei già morto, David. In una lontana estate del 1958....


... quando Ruth, Donny, Willie e tutti noialtri abbiamo conosciuto Meg Loughlin e sua sorella Susan.

Ruth.
Ruth.
Ruth.
La odio anch'io.


America rurale, anni Cinquanta. David ha 12 anni e incarna il prototipo dell'adolescente medio. Frequenta gli altri ragazzi del vicinato e comincia a sviluppare un certo interesse per il sesso femminile. Quando le sorelle Meg e Susan Loughlin si trasferiscono a vivere nella casa accanto, David è felice dell'opportunità di ampliare il proprio giro di amicizie, anche se Meg, che incontra per prima, è un paio d'anni più grande. I genitori delle due ragazze sono rimasti uccisi in un incidente d'auto, e le sorelle Loughlin sono state affidate alla vicina di David, Ruth. Ma Ruth, in apparenza ottima madre di famiglia, nasconde una vena di sadismo e alienazione, che sfoga dapprima sottoponendo le ragazze a percosse sempre più violente e dolorose, poi dando vita a una serie di torture fisiche e psicologiche di cui David e gli altri ragazzi del vicinato divengono testimoni e, in qualche modo, complici inconsapevoli. La polizia non prende sul serio le denunce di Meg: l'unica speranza per lei e la sorella è nell'aiuto dell'amico David. Riuscirà a salvare le sorelle prima che sia troppo tardi? 



Farò spoiler, inevitabilmente lo farò. Siete avvisati. 
David non ha mai smesso di ricordare, non può. Anche dopo trent'anni dalla terribile tragedia, dagli atroci accadimenti che lo marchiarono a fuoco, che lo resero complice innocente. Sì, suona paradossale, ma a mio parere è il modo migliore per presentarvi la sua condizione passata e presente. David è perseguitato dai ricordi, dalle urla disumane di Meg, dal fumo delle mille sigarette di Ruth, dalla spietata indifferenza di Donny, Willie, Eddie e gli altri, dal terrore negli occhi di Susan. Le immagini non vogliono andar via, attaccate alla sua pelle come sanguisughe fossilizzate. Quel volto tumefatto, quel macabro gioco...


Scriverò per te, Ruth. Perché non sono mai riuscito a ripagarti. Allora eccoti il mio assegno. Scaduto e scoperto. Incassalo all'inferno. 



Partiamo da un disegno. In fondo, è il mezzo di trasporto di David per viaggiare nel tempo. Il ritratto di un ragazzo disteso su un'erbetta di un verde sfavillante, intento a pescare gamberi in un ruscello, armato di retino e secchiello. Niente di speciale, direte voi. Invece c'è tutto, dentro quel disegno. Tutta la sofferenza, l'inizio e la fine, l'atto primo e l'ultimo applauso a questa commedia dell'orrore. Una commedia che prende avvio per puro sfizio, per pura curiosità, di quelle pruriginose, e che poi spalanca le fauci e ingoia i bambini e le mamme cattive. Il disegno di un incontro, di un'amicizia destinata a sbocciare e ad appassire nel medesimo istante. 



Il ruscello scorreva veloce su entrambi i lati ai miei fianchi. [...] Udii un rumore tra i cespugli e alzai lo sguardo. La ragazza più carina che avessi mai visto mi stava sorridendo sull'altra riva.



Meg. Meg Loughlin, sorella di Susan, nipote di Ruth Chandler, orfana di genitori, morti in un incidente. Meg che, attraverso un semplice sorriso, lo conquista. Meg che diventerà il suo primo e vero amore. Meg che possiede i suoi sogni e le sue aspirazioni. Meg che pesca il gambero più grosso. Meg che reca una brutta cicatrice sul braccio. Meg che parla a voce bassa e modulata. Meg che è magra e ha la pelle liscia. Meg che, a volte, preferisce il silenzio. Meg che sale per la prima volta su una ruota panoramica e osserva il mondo dall'alto. Meg che disegna per David. Meg che confida a David di non essere la prediletta di Ruth. David che, per rimediare, per dimostrare il contrario, decide di regalare il suo disegno a Ruth. 



"Ruth", dissi. "Questo è da parte di Meg". Glielo porsi. Sorrise prima a me, poi a Meg, e lo prese in mano. Woofer aveva abbassato il volume della televisione e si sentì il rumore della carta che veniva strappata e che cadeva. Guardò il quadro. [...] Ruth fissò il quadro a lungo, poi disse: "No, non è per me. Non prendermi in giro. L'ha fatto per te, David". 


Io l'avevo notato, dalla sua prima comparsa in scena. Ruth ha qualcosa di sbagliato, mi dicevo. Qualcosa di malvagio, ambiguo. La sua immancabile sigaretta, i suoi sorrisi sbiechi, i suoi sguardi persi in chissà quale pensiero disturbato. Ruth non è una buona donna, né una madre perfetta. David non avrebbe mai dovuto ammirarla, non avrebbe mai dovuto sottomettersi. Ma c'erano di mezzo i suoi migliori amici, i figli di Ruth, e non poteva tirarsi indietro. Ruth complotta contro le due nipoti, ma in particolare contro Meg, perché la infastidiscono. Perché tenteranno i suoi bambini, generando problemi su problemi. Ruth chiama Meg "sgualdrina", frusta la piccola Susan affinché possa comprendere gli errori della sorella sfrontata, lo fa davanti ai ragazzi con una serenità da brivido. Questa è Ruth, la vera Ruth. In poco tempo viene a galla. Questa è la sua idea di umanità, normalità, integrità. Tu paghi. Tu paghi. Tu paghi.

"Beh, adesso capisci che è del tutto sbagliato, tesoro! E' proprio questo che ti rende sua complice. Quello che ha fatto non è giusto, è riprovevole, e il fatto che la perdoni solo perché le vuoi bene è altrettanto sbagliato. Devi smetterla di essere così comprensiva, Susie. Non importa se Meg è tua sorella, quello che è giusto è giusto. Ricordalo, se vuoi cavartela nella vita. Adesso scendi dal letto e mettiti qui di fianco, alza il vestito e abbassa le mutande". 


Volete sapere perché lo fa? Bene, ve lo dirò. Ruth percuote Susan con diciotto frustate sul sedere perché Susan si è permessa di difendersi. Mentre i suoi cugini la tormentavano facendole il solletico, Woofer le ha toccato il seno e Meg gli ha mollato uno schiaffo, veloce e istintiva. Susan guardava, testimone e vittima ignara della furia controllata di Ruth. Woofer corre a piagnucolare dalla madre e Ruth entra in camera per ricostruire le dinamiche dell'evento. Meg è fuggita via e questo la manda in collera, ma c'è Susan. Che ha visto, che è rimasta zitta. E allora paga. Ecco perché lo fa, per impartire la sua barbara disciplina. Perché è una madre corretta, che ci tiene a crescere i propri figli con i principi sani. Credetemi, non è nulla in confronto a quello che accadrà. 
Poi, arriva il momento del Gioco. 



Accadde nel seminterrato. 



Ho chiuso il libro, ho smesso di leggere. Dovevo fermarmi. Prendermi una pausa e respirare. Distrarmi, cambiare argomento, ascoltare musica pop, mangiare qualcosa di saporito. Ma non continuare a leggere. 



Da quel momento mi chiedo, cosa era successo? Quando mi sono lasciato corrompere? e con la mente ritorno sempre a quel preciso momento, a quei pensieri. A quel senso di potere.


David, che cosa hai fatto? 


Avevo un ruolo privilegiato, mentre il suo era il peggiore che si potesse immaginare. 



Ragazzi, queste sono le storie che dovrebbero mettere paura. Non l'Uomo Nero, non la Fatina dei Denti, non Azzurrina o i Vampiri di nuova generazione. Ma queste storie, dove si racconta la realtà. Senza alcuna pretesa di ricostruire con pedanteria, ma perché sia reso manifesto, visibile e nudo... l'uomo.  Qui, in particolar modo, indagato nelle sue oscurità insane, nelle sue pazzie improvvise. Vi prego di non provare nemmeno ad avvicinarvi al romanzo solo per ricavarne godimento o piacere. Vi prego, risparmiate questa vostra impresa e cercate altro. Sarebbe come una mancanza di rispetto. Per la Meg cartacea e per quella veramente esistita. 



L'ombra dominante nella stanza, però, era quella di Meg, la testa rivolta all'indietro, le braccia distese e aperte, oscillante. Quell'immagine andava oltre tutto quello che avevamo visto nei fumetti horror... 



Il Gioco. Iniziate a capire? Iniziate a vedere?


"Il Gioco è farla parlare", spiegò Woofer. "Okay, parlare di cosa", domandò Ruth. "Di qualsiasi cosa di segreto". 



Ogni segreto, se tale è davvero, non è semplice da tirare fuori. Per questo il Gioco innocente dura poco, a mio parere non lo è mai stato, e viene sostituito dalla sua versione sadica, perversa, brutale. Meg patirà le pene dell'inferno, sia in senso metaforico che letterale, povero agnello sacrificale. Solo un blocco di carne con il quale trastullarsi, sporco e bucato. Meg umiliata, spogliata dei suoi abiti e della sua dignità. Meg martirizzata, inchiodata alla sua croce di corde strette che lacerano la pelle. Questo è. Vedere il dolore. David lo sa. David impara la lezione. Ma in quanto tempo? Prima che sia troppo tardi? 



"David?" Mi voltai ancora e d'un tratto lei era vicino a me. Vidi le lacrime brillarle negli occhi mentre li chiudeva, e mi baciò. Aveva le labbra rovinate, rotte, screpolate e lacerate. Ma erano la cosa più morbida e bella che mi avesse mai sfiorato e che avessi mai toccato. Sentii le lacrime salirmi agli occhi in un istante. "Dio! Mi dispiace, Meg. Mi dispiace tanto". 



Voglio finire così, con questa immagine confortante. Unica in 288 pagine. Anche se non esiste nessun lieto fine. Anche se lei muore e David non smetterà mai di ricordare. Anche se Ruth paga ma non abbastanza. Anche se brucia dentro e fuori. Non è tutto quello che avrei voluto dire, ma perderei il contatto con la realtà e la vista mi si offuscherebbe per l'ennesima volta. Ringrazio infinitamente la Gargoyle, ringrazio infinitamente Jack Ketchum. Dedico un ultimo pensiero a lei, in questo scatto che, nonostante l'assenza di colori, sembra contenere l'arcobaleno. A te, Sylvia Marie Likens.

 

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2 commenti:

Girasonia76 ha detto...

Anche dopo il tuo avviso di spoiler, sono andata avanti con la consapevolezza che questo libro non sarei mai riuscita a leggerlo, perciò meritava almeno che leggessi tutto quello che ha provocato in te. Troppo intenso, troppo duro... libri così non ce la faccio a sceglierli: mi devono capitare tra le mani senza sapere di cosa parlano per ritrovarmi invischiata in qualcosa che non avrei mai voluto leggere, ma che a quel punto non avrei mai potuto abbandonare a metà.

Lily ha detto...

Ho avuto freddi brividi mentre leggevo la recensione, figuriamoci se leggo il romanzo. E la cosa più sconvolgente è sapere che si basa un fatto di cronaca reale. Ne sono rimasta agghiacciata. Quando sono oscuri e profondi tutti i lati dell' uomo, dall' amore all' affetto alla pazzia e alla bestialità.