1. Salve, signor Faraci, è un vero
onore averla ospite nel mio blog. La ringrazio per aver accettato con tanta
disponibilità l'invito a scambiare quattro chiacchiere con la sottoscritta.
Mentre vado a tirare fuori dal forno i biscotti che ho preparato per
l'occasione, le lascio spazio per rispondere alla domanda di routine che apre
tutte le mie interviste letterarie: chi è Tito Faraci? Si presenti ai nostri
amici lettori e... mi raccomando, si sbizzarrisca.
Com'è brutto presentarsi
partendo dal proprio lavoro! Allora diciamo che sono un marito, un padre... e,
adesso posso dirlo, uno sceneggiatore di fumetti e uno scrittore di narrativa.
Mi pagano per fare qualcosa che pagherei per fare. Un uomo fortunato. Per inciso,
prima ero un giornalista musicale. Il mestiere della scrittura l'ho imparato
così.
2. Eccomi di ritorno. Bene, posso
versarle un po' di tè alla liquirizia? Mi creda se le dico che è una vera
delizia. Assolutamente da provare. Intanto, però, passiamo alla domanda numero
due. Scrittore di fumetti, giornalista musicale e ora anche romanziere. Cosa
mette in moto questa esigenza di sperimentare nuovi connubi tra arte visiva e
verbale?
Grazie del tè. Sì, delizioso.
Non sono un tipo da tè, ma ogni tanto... ma, dicevamo? Ho da sempre un grande
amore per le storie. Sono un vorace lettore di narrativa, come di fumetti. E
poi ci sono il cinema, la televisione... Questo amore per le storie, fin da
quando ero molto giovane, è diventato anche desiderio di raccontarle. Con i
fumetti, con la sceneggiatura, mi sono trovato molto, molto bene. È il mio
mestiere, che non abbandonerò mai.
3. Mi ritorna in mente un passo de
Il Piccolo Principe, una delle mie letture dell'infanzia predilette. Ora che ci
penso è la scena che si rievoca più spesso. Quella della Volpe che rivela al
Piccolo Principe che, se l'addomesticherà, diventeranno amici inseparabili e
che si prometteranno fedeltà eterna. Ora, mi vien da chiederle: anche le parole
si addomesticano? Qual è il suo rapporto con la pagina bianca, ovvero l'inizio
di ogni nuova avventura?
La crisi della pagina bianca,
a dire il vero, è un lusso che non mi posso quasi mai concedere. Devo scrivere,
perché dalla mia scrittura dipendono altre persone: disegnatori che devono fare
il proprio lavoro, editori che devono mandare in edicola giornali... E allora
non posso permettermi crisi di ispirazione. E quando ti abitui a scrivere
sempre, ogni giorno, queste crisi diventano rarissime. Ci sono momenti di
difficoltà, c'è fatica, ma scrivere diviene anche qualcosa di naturale.
4. Domanda a bruciapelo, risponda
senza pensarci troppo. Perché ha scritto Oltre la Soglia?
To', me l'hanno chiesto ieri
sera, amici a tavola. Volevano una risposta breve, essenziale. A bruciapelo,
proprio. Ed è stata: perché ne avevo bisogno.
5. Prenda pure altri biscotti, se
vuole, e faccia come se fosse a casa sua. A questo punto, mi piacerebbe
scendere nel particolare. Dove nasce l'ispirazione per questo romanzo? Posso
chiederle se, in una parte recondita del suo io magari, crede nella possibilità
di un'apocalisse come l'ha descritta nel libro? Escludendo, per il momento,
l'intento metaforico di incoraggiare l'umanità a crescere nella responsabilità
individuale, nella resistenza psicologica contro gli influssi negativi della
società, nella saggezza critica e nello spirito di adulta consapevolezza della
propria identità.
Io non scrivo mai storie che
nascono da un messaggio. Un messaggio, che non vado a cercare, può
eventualmente arrivare da solo, lungo la strada. Nel caso, lo accolgo con
piacere. Ma una storia deve bastare a se stessa. Mi sono accorto mentre
scrivevo il romanzo che, in Oltre la soglia, la paura degli adulti diventava
una (involontaria) metafora della paura di diventare adulti. Tuttavia non ho
calcato la mano su questo messaggio. Solo, ho lasciato che passasse.
L'ispirazione? Cercavo una storia di ragazzi. Che facesse paura. Una sera, di
colpo, mi sono apparse in testa quattro parole: tutti gli adulti impazziscono.
Da queste quattro parole, è nato tutto il resto.
6. Nel caso dovesse accadere sul
serio, lei ha già con sé un manuale di sopravvivenza a cui affidarsi?
Troppo tardi, ohimè. Sono già
adulto da un pezzo. E, per la verità, vorrei un manuale di sopravvivenza già a
questa vita, a questo mondo. Penso comunque che stare insieme alle persone cui
vuoi bene, alla tua famiglia e agli amici, sia il più grosso degli aiuti.
Sempre. (Posso prendere un altro biscotto?)
7. Quale dei suoi personaggi le
assomiglia di più? Di quale non approva l'atteggiamento e da quale si è dovuto
separare con più sofferenza? Ne approfitto per confessarle che il mio preferito
in assoluto è Jaco. Può sembrare scontato, lo so, eppure ogni sua azione era
accompagnata da un mio palpito. Si è generato subito quel feeling, capisce?
Anche con Ray ha funzionato. Mi intrigava il suo modo ottimista di definire il
mondo pur nella sua realtà tragica e spaventosa. E... mi sa che avrei agito
allo stesso modo anch'io, sa? Nel senso che avrei continuato a effondere tenacia
in rete, pillole di vita quotidiana che conservassero ancora una parvenza di
normalità, di quelle sensazioni semplici e rassicuranti che fanno sentire
invulnerabili (anche se, alla fine, si tratta pur sempre di illusioni).
Chiaro: mi sono identificato
facilmente con Jaco. Era già nei piani. Però ci sono due personaggi di cui ho
vissuto la storia con sorpresa e passione. Sono Noco e Sarah, con la loro
storia d'amore che sembra assurda e senza speranza. Non erano previsti nella
scaletta originale del romanzo. Si sono fatti largo da soli, con forza. Cose
che capitano, quando scrivi.
*ATTENZIONE: domanda con spoiler*
8. Cos'ha in progetto di scrivere
adesso? Un'altra avventura della nostra band di ragazzi sopravvissuti? In
effetti, non le nego che la curiosità scalcia potente. Mi piacerebbe sapere se
riusciranno a trovare una cura vera, senza dover restare sospesa nel dubbio, o
se altri pericoli continueranno a perseguitarli. Ci può anticipare
qualcosa?
Scriverò un altro romanzo, di
questo sono certo. Ma non sarà collegato a questo. Non intendo dare un seguito
a Oltre la soglia. Per me, è completo così. (Ehi, ma quanti spoiler in questa
domanda! Argh!)
9. Domanda finale. Un piccolo — ma
spero simpatico — giochino. Se fossimo nel futuro, in quello che lei ha
immaginato e che ha inchiostrato sulla carta, e avesse la possibilità di
scrivere ancora... quale storia racconterebbe?
Be', non avrei tempo per
scrivere una storia. Sarei troppo impegnato a viverla.
10. Ancora grazie per essere stato
in nostra compagnia, signor Faraci. Torni a trovarci quando vuole, per lei la
porta sarà sempre aperta... a meno che non si dovesse trasformare in un
adulterato. In quel caso, mi sa che dovrà aspettare fuori. Hihihi. I nostri
migliori auguri!
Grazie.
Posso portarmi via qualche biscotto?
4 commenti:
bel montaggio..bella anche l'intervista..un libro interessante
Grazie!
Tito Faraci
Brava Anita ;)
E comincia a pensare ai Leoni!
Bella intervista! ;)
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