Sono molto felice che di questo terzo capitolo possa tornare a mostrarvi una sequenza video. Come al cinema, quando ci sono i trailer d'antipasto.
Caro amico lettore, come anticipatoti nella puntata precedente, il nostro viaggio alla scoperta del rocambolesco mondo di Scott Lynch finisce qui. Per ora.
Terza tappa del tour organizzato da Chiacchiere Letterarie — che ringraziamo con un inchino e una lacrima di commozione; non vedo l'ora di poter condividere qualche altra iniziativa insieme a voi — e con le copie forniteci dalla gentilissima Mondadori.
Tutto è bene quel che finisce bene?
Non proprio.
Doveva essere il colpo più clamoroso della loro carriera, invece si è rivelato un... clamoroso fiasco. Così Locke e il suo fedele compagno Jean sono riusciti a malapena a salvare la pelle. Almeno, Jean ci è riuscito: Locke sta morendo, avvelenato in modo lento ma inesorabile da una sostanza che nessun alchimista o dottore può combattere. Ma quando la fine sembra ormai vicina, una donna misteriosa offre a Locke un'opportunità che potrà salvarlo, o ucciderlo. Le elezioni del Konseil sono imminenti, e le diverse fazioni hanno bisogno di una pedina da muovere a loro piacimento. Se Locke acconsente a essere quella pedina, con un incantesimo la donna estrarrà il veleno dal suo corpo, anche se l'operazione sarà talmente dolorosa da fargli desiderare la morte. Locke non ci pensa proprio, ma due elementi lo inducono a cambiare idea. Primo, le suppliche di Jean. Secondo, un nome femminile pronunciato dalla maga: Sabetha, l'amore della sua vita, abile e arguta quanto lui, e ora la sua più grande rivale. Locke si è innamorato di Sabetha al primo sguardo, quando era un giovane orfano e apprendista ladro. Ma dopo un corteggiamento tumultuoso, Sabetha se n'è andata. Ora si ritrovano nuovamente uniti in uno scontro. Di fronte all'unica persona che sia in grado di tenergli testa - nel gioco dell'amore e in quello degli inganni - Locke deve scegliere se combattere Sabetha, o sedurla. Una decisione da cui potrebbero dipendere le vite di entrambi.Dove eravamo rimasti.
Al gran pasticcio de I pirati dell'oceano rosso, che ha una conclusione infelice per il nostro anti-eroe criminale: Locke agonizza e Jean tenta disperatamente di riportarlo nel mondo dei vivi (prima che voli spedito, e con un biglietto di sola andata in classe business, in quello dei morti).
La sua preoccupazione è struggente, sebbene gli si legga pure la paura di perdere l'unico alleato in una realtà dei mondi rovesciata, dove giusto e sbagliato subiscono la legge della soggettività e della relatività d'interpretazione e si è cattivi con stile.
Pensaci. Un molosso come Jean, allevato randagio e cresciuto nell'osservanza di un'educazione esclusiva, concepita in perfetta simbiosi con la sinergia del branco, senza più complici sarebbe un uomo nullo.
Da rifarsi completamente, e non senza problematiche.
Comunque.
Quando sembra non esserci più alcuna soluzione, irrompe un aiuto inaspettato da parte di una figura altrettanto misteriosa: l'Arcidama Pazienza. In cambio della guarigione, Locke dovrà prestare i suoi servigi truffaldini alla "corporazione" dei Maghi dell’Alleanza (di cui abbiamo già avuto modo di apprezzare la simpatia ne Gli inganni di Locke Lamora; gli sono addosso h24) e truccare le elezioni del consiglio per garantire loro la vittoria.
Hip-hip, urrà! Nuovo complotto in vista, nuova performance.
Con un unico fuori menù: la comparsa in scena di Sebetha Belacoros dall'altra parte, a tessere ragnatele per la fazione opposta. Gli scopi? Pressoché identici.
Succede già nell'incipit, che ha il sapore di uno zuccherino legato all'amo. Un tuffo nel passato, agli albori della vita carrieristica dell'orfanello di Camorr, con il Forgialadri ancora intero.
Si capisce come l'attrazione per lei nasca da qualcosa di spontaneo e istantaneo; una folgorazione, che è sì opera del sentimento e della carne ma anche e soprattutto di un'ossessione/possessione per il suo talento prodigioso. Ambiziosa, scellerata, subdola e… spietata. Una seduzione che si compiace nel farsi competizione. Sono innamorati e sono rivali. Per modo di dire? No, di fare.
Però si resta anche un po’ scottati. Locke perde carisma al suo cospetto; la genialità sofisticata del suo acume si rimpicciolisce e comincia a incepparsi. Ci si domanda come possa corrispondere alla stessa persona conosciuta e ammirata nei volumi uno e due.
Sebetha, nome in codice la Rosa, è uno stelo irto di spine. I petali, posti sulla sommità, sono un bocciolo inarrivabile. Tutti quanti voglion fare il jazz. Alleluia, alleluia.
La loro è una comunicazione impari, la vince puntualmente lei. Raschia sul muscolo del cuore, sfregia ogni sogno di eleganza che puoi esserti fatto sul suo conto, viola il codice dell'onore e tradisce senza scrupoli.
Mettiamoli a confronto.
Rispetto al secondo e al primo, questo terzo volume si presenta ancora una volta diverso e trasformista. Lo stile di Lynch si irrobustisce di ulteriori sfaccettature — forse con una tendenza a cascare nelle vecchie abitudini delle divagazioni e dei florilegi linguistici — e, mentre le azioni si dipanano accorte e flemmatiche (a tratti persino inesistenti), parallele quasi alla trama, scaviamo nel passato dei protagonisti e veniamo in parte esauditi: all'identità di Lamora si aggiunge un tassello cruciale, piazzato come un bel plot twist in un momento che, tuttavia, eh, io non lo so, mannaggia a Lynch.
Collezioniamo indizi che sono come presagi di ciò che verrà in seguito.
Ci gravitano intorno, silenti e rapaci. E noi sempre timorosi, mai preparati.
Senza ombra di dubbio, il mio preferito della sequenza.
Non farci attendere troppo, Scott. Il nostro destino è nelle tue mani.
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