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martedì 23 novembre 2010

Oscar Wilde - De Profundis

testo


Titolo: De Profundis
Autore: Oscar Wilde
Editore: Barbera
Pagine: 129
Prezzo: 6,50 €


Trama: Il De profundis (1897) è fra le ultime opere del grande autore irlandese. Composta in parte durante la sua detenzione nel carcere di Reading, si presenta in forma di lettera indirizzata al giovane amante Bosie. È un testo ricco di motivi e provocazioni intellettuali, ove non manca il consueto atteggiamento di ribellione contro il conformismo bigotto della società dell'epoca vittoriana, ma neppure certo vittimismo di matrice romantica, né quel gusto per la teatralità e l'istrionismo - la maschera e il volto - che, a dispetto delle circostanze, sempre contraddistingue la scrittura di Oscar Wilde. Centrale rimane comunque nell'opera il tema dell'inevitabile isolamento dell'artista moderno.




Alla voce Oscar Wilde è possibile trovare inelencabili definizioni, un ventaglio di combinazioni multisfaccettate che finiscono per congiungersi, tuttavia, nell'accezione universalmente condivisa di irripetibile genio. Personalità versatile, animo rapito dagli ideali di Bellezza e Arte, figura tormentata dalla suscettibilità del giudizio della gente, uomo dalla saggezza inconsapevole che tutto se stesso dedicò alla forma e allo sfoggio dell'essere. Se lo si intravide nel suo celebratissimo Il Ritratto di Dorian Gray, lo si conobbe interiormente nel De Profundis, lettera indirizzata al suo amico Bosie (Lord Alfred Douglas) durante gli anni di lavori forzati nella prigione di Reading. Un centinaio di pagine appena, che ho potuto gustare nella tranquillità di questa mattina, intrise delle più intime confessioni di Wilde, testimonianza delle forze avverse che lo plasmavano, della sua complessità psicologica e del suo immancabile estetismo verbale. Virtù elogiate e denigrate, abnegazione del proprio Io, impeto di rabbia e frustrazione, empatia e brama di rendere noto anche il più piccolo scandalo, la più invisibile vergogna, le più impercettibili amarezze. Perché il periodo che intercorse per la stesura di tale epistola fu segnato da incredibili mutazioni di pensiero, da stravolgimenti passionali e conversioni di fede. Scritto nel 1897, questo testo di incommensurabile valore poetico e morale giunge nelle mani dei lettori contemporanei come una sorta di "rivelazione" sull'identità, già abbastanza ambigua ed enigmatica, del personaggio che interpretò Oscar Wilde al suo tempo.


Inizierò col dirti che mi biasimo terribilmente.



Così apre la sua accusa contro la vanità e le disonestà del suo fedele confidente (nonché, si suppose, amante). Wilde dipinge un ritratto di Boise a tinte fosche, con pennellate violente e distribuite senza un criterio, a iniettare nuovo veleno nel sangue già intossicato. Respinge i modi villani e approfittatori del compagno, la sua avarizia priva di scrupoli, la sua immodestia snervante e la sua totale assenza di etica e intelletto.


Non ti rendevi conto che un artista, e in particolar modo un artista come me, vale a dire una persona per cui la qualità del lavoro dipende dall'approfondimento della propria personalità, richiede, perché la sua arte si sviluppi, comunanza di idee e atmosfera intellettuale, tranquillità, pace e solitudine.



Wilde esprime un disagio legato a delle mancanze. Mancanze derivanti da un rapporto basato su uno squilibrio di interessi e reciproche condivisioni. In questo passaggio emerge l'ardente ricerca tesa al raggiungimento di una completezza inesistente, probabilmente a causa di una fiducia univoca e troppo generosa, di un sentimento sconsiderato che non ha trovato nessuna metà pronta a soccorrerlo alla prima rovinosa caduta. Ho adorato la scioglievolezza delle parole, le sonorità che anche nell'esprimere un disappunto riescono a infondere armonia al periodo.


Sapevi ciò che la mia Arte significava per me, l'elemento principale tramite cui avevo rivelato, prima me a me stesso, e poi me stesso al mondo; la vera passione della mia vita, l'amore in confronto al quale tutti gli altri amori erano acqua melmosa in confronto al vino rosso, o la lucciola della palude in confronto al magico specchio della luna.




Mai ho incontrato una descrizione più mirabile, più vibrante di pura convinzione, più appassionata e intessuta con la schiettezza e il fervore di uno slancio scaturito da dentro. Mai ho avvertito una scossa così tonante al cuore da farmi barcollare ragione e sentimento. Ritengo che in questo frammento è come se Wilde avesse manifestato e coniugato la sua idea di Amore, attraverso metafore semplici quanto potenti di immagini e impressioni. Assolutamente perfette. Boise deve essere stato proprio uno sciocco a non capire, a non riconoscere la profondità delle confessioni, volte alla conquista di un Bene per cui vale la pena di lottare.



Mi causò dolore. [...] Tu ne eri completamente responsabile.




Versi sparsi, come indizi di una mappa, che ricuciti trasudano una sofferenza dolce e amara, virginea e proprio per questo motivo mille volte peggiore, mille volte più dura da sopportare. La franchezza di un dolore coraggiosamente gridato a voce alta, coraggiosamente esposto agli occhi del mondo, che si addentra in regioni inesplorate del cuore di Wilde, nei suoi antri più nascosti e bui, per seminare un pò di luce e infondere un pò di calore.



Lo scopo dell'Amore è amare: né più, né meno.



Niente di più vero. Niente di più offuscato dal velo della vanagloria e dell'egoismo. Amore non si baratta. Amore non si compra. Amore senza prezzo. Amore senza confini. Amore libero in corsa verso altro Amore. Amore come la prima lettera dell'alfabeto, indispensabile per iniziare a imparare, a camminare per le strade della Vita. Wilde, in questa massima scarna ma tanto raggiante di luce propria, lo sussurra all'umanità. Però, allo stesso tempo, intuisce la necessità di abbinare questa parola a quella di Dolore. La bellezza del Dolore.


Ora mi sembra che l'Amore di qualsiasi genere sia l'unica spiegazione possibile alla straordinaria quantità di sofferenza che esiste al mondo. Sono convinto che non ce ne siano altre e che, come ho detto, se i mondi sono stati realmente costruiti dal Dolore è stato soltanto attraverso le mani dell'Amore, perché in nessun altro modo l'Anima dell'uomo, per la quale sono stati creati i mondi, avrebbe potuto raggiungere il pieno compimento della propria perfezione.




Principio difficile da metabolizzare, noi abituati a intercettare nelle lacrime, nella perdita, nella sofferenza e nella morte gli effetti di una punizione superiore, dettata da un Dio che "dov'era?", "perché non è intervenuto", "perché non ha agito in qualche modo". Principio che, soprattutto per sconfiggere questa nostra brama di pretendere risposte in difesa di una razionalità che sola spiega, che sola consola, dovrebbe essere interiorizzato e applicato nel vivere di tutti i giorni. Perché Dio per primo ha permesso la morte di Suo Figlio (un Cristo che Wilde chiama "primo tra gli innamorati") in nome dell'Amore e della nostra redenzione, mentre il Dolore lo divorava e torturava. Perché non dovremmo rendere questo sacrificio vano, perché dovremmo riservare riconoscenza e affidare la nostra volontà alla Sua volontà. Ma questo, ovviamente, è soltanto un parere personale. E per concludere, Wilde decide di intraprendere un "arrivederci" e non un "addio". L'epilogo di questa fremente missiva è racchiuso, secondo il mio punti di vista, nella consapevolezza acquisita che esorta:



Non avere paura del passato. Se qualcuno ti dirà che è irrevocabile, non credergli. Il passato, il presente e il futuro non sono che un unico momento agli occhi di Dio, alla cui luce dovremmo cercare di vivere.











3 commenti:

Unknown ha detto...

bene x fortuna cè ancora qualcuno che fa recensioni di classici!!! bisognerebbe farne di più che ne pensi Anita? :-)
ottima recensione ciao ciao!!

Unknown ha detto...

bellissima recensione scritta. Mi hai convinto, leggerò assolutamente questo libello e ne parlerò nella mia pagina. Grazie per avermelo fatto conoscere :)

Unknown ha detto...

Complimenti per la recensione..Amo il modo in cui scrive Wilde..credo proprio che lo acquisterò :)