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lunedì 28 marzo 2011

Gamberetta insegna

Esercizio di scrittura in riferimento al post Manuali 1 - Descrizioni pubblicato da Gamberetta. Naturalmente, per comprendere la ragione dell'esercizio dovreste prima leggere l'articolo. Ah, amo sempre di più questa ragazza! Sul serio, trovo illuminanti i suoi consigli sulle tecniche narrative necessarie per chi volesse intraprendere il mestiere e, soprattutto, per chi volesse applicarsi in esso con la giusta consapevolezza di ciò che andrà a scrivere. Ho capito di essere molto lontana dalla strada maestra e ho perciò deciso di rimboccarmi le maniche e di cominciare a lavorare seriamente. Vediamo cosa ne esce. 


testo

Questa è l'immagine che ha messo a disposizione Gamberetta per
l'esercizio di scrittura. Ci viene richiesto di organizzare un 
contesto descrittivo che sappia rispondere alle regole principali
dello scrivere bene (argomentate nell'articolo). 
Di seguito il risultato della mia immersione creativa.


Crunch. Maya addentò la mela e ne staccò un grosso pezzo. La polpa farinosa le si sciolse in bocca e un po’ di quel succo dolciastro fuoriuscì dal labbro colandole lungo il mento. Continuò a masticare fissando il vuoto, e intanto le dita della mano serravano la presa sul frutto, fino a quando le unghie non trapassarono la buccia con una serie di scrocchi simultanei. Era arrabbiata. Molto arrabbiata. Quella mattina aveva dovuto raccogliere cinque corpi di coniglietti morti, alcuni interi e altri fatti a pezzi. Li aveva spinti in fondo alla cartella di pelle che si portava sempre dietro, insudiciandosi le mani del loro sangue denso e grumoso, ancora caldo. Quello sporco lavoro iniziava a stancarla e maledisse il giorno in cui i geni della Grunge Corporation avevano creato il suo personaggio virtuale. Conosceva il marchio degli sviluppatori del suo videogioco perché campeggiava sui marciapiedi di alcune stradine, sui muri riempiti di crepe e muschio delle location dei primi livelli e sulle zeppe delle sue scarpette lucide. Un nome che le faceva venire il voltastomaco. Gettò la mela, che rotolò sui gradini di pietra della scalinata su cui era seduta, e succhiò via il nettare dolce dai polpastrelli bagnati. Spostò lo sguardo accanto a sé, doveva giaceva la cartella, e la parve che la dura pelle si gonfiasse a colpi di testa e pugni, come se quei poveri animaletti fossero ancora vivi e stessero supplicandole la libertà. Se li immaginò zombie, con gli occhi sporgenti e iniettati di sangue, con gli artigli ricurvi e dei bitorzoli sulla schiena, con le orecchie affilate e il musetto aperto a mostrare una fila di denti seghettati e prominenti, grondanti bava mista a sangue nerastro. La poltiglia di bile e mela che aveva ingurgitato le risalì lungo l’esofago. Strinse le labbra in una linea sottile e pregò che l’umano si sbrigasse ad accendere la sua console e che ricominciasse a giocare, per darle modo di svuotare la mente da quei pensieri macabri e di sistemare, una volta per tutte, la questione con Mister Rabbit. Già, perché quel carnefice senza scrupoli che si divertiva a straziare leporidi innocenti girovagando con un costume da coniglio doveva morire. Fremeva dal desiderio di piantargli un paio di cartucce nel petto, trasformandolo in un colabrodo maciullato e lasciandolo agonizzare in mezzo alle sue stesse interiora sanguinolente. Si passò la punta della lingua sul labbro superiore, pregustando la vendetta, e poi scattò in piedi. Eccolo, finalmente. L’umano era pronto a riprendere la partita e se per lui si trattava soltanto di stupido intrattenimento, beh, per Maya era di vitale importanza che arrivasse fino al completamento dell’ultimo livello, quello che presagiva essere lo scontro finale. Agganciò il suo fedele AK-47 ai laccetti della tracolla, un fucile d’assalto che se utilizzato a una distanza ravvicinata poteva segare un uomo in due, e si mise nella posizione in cui l’umano l’aveva lasciata durante l’ultimo salvataggio. In attesa, davanti a un edificio con le pareti giallo vomito che si sperava fosse il magazzino dove Mister Rabbit teneva nascosta una parte delle gabbie con le sue riserve di coniglietti importati dalle Macquarie Island. Maya sogghignò, con il sangue che le pompava nelle vene schizzandole adrenalina in tutto il corpo. Era tempo di andare a caccia.


Cosa ve ne pare? 
Desidero sincerità, anche quella più diretta. 
Secondo voi, ho rispettato i criteri? 


Risposta di Gamberetta:


@Anita. Premessa tipografica: quando finisce un concetto vai a capo e fai un nuovo paragrafo. Mettendo tutto di fila si ottiene un effetto wall of text che rende visivamente faticosa la lettura.
Per esempio:
[...] fino a quando le unghie non trapassarono la buccia con una serie di scrocchi simultanei. Era arrabbiata. Molto arrabbiata. Quella mattina aveva dovuto raccogliere cinque corpi di coniglietti morti, alcuni interi e altri fatti a pezzi.
Qui sono tre concetti, perciò sarebbe meglio:
[...] fino a quando le unghie non trapassarono la buccia con una serie di scrocchi simultanei.
Era arrabbiata. Molto arrabbiata.
Quella mattina aveva dovuto raccogliere cinque corpi di coniglietti morti, alcuni interi e altri fatti a pezzi.
Hai flessibilità nel decidere quando finisce un “concetto” e ne inizia un altro, ma un paragrafo lungo una pagina e passa (500+ parole) è davvero troppo.
Comunque, come descrizione va abbastanza bene, nel senso che ci sono quasi tutti gli elementi principali del disegno (anche se forse si poteva dare qualche particolare in più riguardo Maya, per esempio l’insolito colore dei capelli o lo strano copricapo).
Quello che stona è che è un po’ troppo raccontato, si sente troppo la presenza del Narratore, invece sarebbe più coinvolgente se fossimo più nei panni di Maya (per la base teorica leggi il terzo dei Manuali).
Per esempio:
Quella mattina aveva dovuto raccogliere cinque corpi di coniglietti morti, alcuni interi e altri fatti a pezzi. Li aveva spinti in fondo alla cartella di pelle che si portava sempre dietro, insudiciandosi le mani del loro sangue denso e grumoso, ancora caldo. Quello sporco lavoro iniziava a stancarla e maledisse il giorno in cui i geni della Grunge Corporation avevano creato il suo personaggio virtuale.
Non è “sbagliato” e tutto sommato può andar bene. Se però ti cali di più nel personaggio può venire meglio. Ci provo:
Maya raccolse il cadavere del coniglietto scivolato fuori dalla cartella. Lo rificcò dentro, lo spinse in fondo, in mezzo agli altri coniglietti morti. Ritrasse la mano impiastricciata di sangue e grumi di pelo. Viscere colarono tra le dita. Che schifo di lavoro.
Scritto al volo e si può fare meglio, ma spero si noti il fatto che nella seconda versione si è lì con Maya, mentre nella prima si guarda con occhio distaccato. E in generale più si è vicini, meglio è.
Anche all’inizio:
Crunch. Maya addentò la mela e ne staccò un grosso pezzo. La polpa farinosa le si sciolse in bocca e un po’ di quel succo dolciastro fuoriuscì dal labbro colandole lungo il mento. Continuò a masticare fissando il vuoto, e intanto le dita della mano serravano la presa sul frutto, fino a quando le unghie non trapassarono la buccia con una serie di scrocchi simultanei. Era arrabbiata. Molto arrabbiata.
Uno dei “trucchi” per scrivere bene è cercare di far trasparire le emozioni senza dichiararle. Così come fai a mostrare che Maya è molto arrabbiata senza dirlo?
Magari cambi da “staccò” neutro a “strappò” che è più il gesto di una persona arrabbiata.
La polpa farinosa che si scioglie non va tanto bene: se sei arrabbiato non ti godi il cibo in questa maniera. Invece puoi dire che il succo dolciastro le goccia sul vestito: se il personaggio se ne accorge ma non fa niente vuol dire che ha altro a cui pensare, unito agli altri dettagli si capirà che questo altro è la rabbia.
Invece di “trapassarono” magari “lacerarono”, o forse le unghie si “conficcarono” nella buccia.
[...] i geni della Grunge Corporation avevano creato il suo personaggio virtuale. Conosceva il marchio degli sviluppatori del suo videogioco perché campeggiava sui marciapiedi di alcune stradine, sui muri riempiti di crepe e muschio delle location dei primi livelli e sulle zeppe delle sue scarpette lucide.
Non spiegare! Suona sempre artefatto. Basta che lo affermi senza “giustificarti”:
[...] i geni della Grunge Corporation avevano creato il suo personaggio virtuale. Il marchio degli sviluppatori del suo videogioco campeggiava sui marciapiedi, tra le crepe dei muri, sulle zeppe delle sue scarpette lucide.
E così via. Non continuo perché in effetti queste sono appunto osservazioni che riguardano il terzo dei Manuali più che questo sulle descrizioni. E come dicevo all’inizio, la descrizione in sé può anche andar bene.




Come non approvare?!
Perciò, oggi ci lavorerò su e cercherò di rendere più dignitoso il testo. 




Modifica di questa mattina


             Crunch.
Maya addentò la mela e ne strappò un pezzo. Un po’ di succo dolciastro le gocciolò sul mento e sulla gonna di velluto che già iniziava a puzzare. Strinse le dita intorno al frutto, sempre più forte, fino a quando le nocche non divennero bianche e le unghie non si conficcarono nella buccia con una serie di scrocchi simultanei. Lurido verme.
            Scagliò la mela contro i gradini di pietra e la vide rotolare giù.  
Ripensò ai coniglietti morti che aveva spinto in fondo alla cartella di pelle; ripensò allo sciacquio delle viscere che sbavavano sangue sulle sue mani, e tremò.
            Questo schifo deve finire.  
Maledisse il giorno in cui i geni della Grunge Corporation avevano creato il suo personaggio virtuale. Il marchio degli sviluppatori del videogioco campeggiava sui marciapiedi delle stradine, tra le crepe dei muri e sulle zeppe delle sue scarpette lucide.
            Le faceva venire il voltastomaco
Strinse le labbra in una linea sottile e pregò che l’umano ricominciasse a giocare, perché moriva dalla voglia di piantare un paio di cartucce nel petto di Mister Rabbit. Devi crepare, brutto bastardo. Tu e quel tuo patetico costume da coniglio. Si passò la punta della lingua sul labbro superiore, pregustando la vendetta, e poi scattò in piedi.
            Agganciò il suo fedele AK-47 ai laccetti della tracolla e si mise nella posizione in cui l’umano l’aveva lasciata durante l’ultimo salvataggio. Davanti a quell’edificio con i muri giallo vomito che sperava fosse il magazzino dove Mister Rabbit teneva nascosta una parte delle gabbie con le sue riserve di coniglietti importati dalle Macquarie Island.
            Maya sogghignò.
            Era tempo di andare a caccia.


11 commenti:

Ivanalessia ha detto...

Chiara Gamberetta la critica del fantasy?

Unknown ha detto...

wow Anita complimenti!!!quanto hai impiegato per elaborare tutto questo? O___o io neanche in un mese ce la farei :-P

AnitaBook ha detto...

@Ivanalessia: sì, è lei!

@Debby82: un'intera mattinata.
Eheheheh. Ma no, che ce la fai anche tu. ;)

Anonimo ha detto...

La seconda è decisamente meglio! Ma devo dirti la verità, finchè non ho letto le correzioni non me ne sono accorta, solo dopo, mettendole a confronto l'ho capito! :p
Francesca

AnitaBook ha detto...

Sì, Francesca, ma ancora non ci siamo. Sinceramente, ti ha trasmesso qualcosa? A me solo noia. Non sono dentro il personaggio, ne parlo come se avesse la peste e non volessi rischiare il contagio!

Wastername ha detto...

Mmmh. A dirla con sincerità ho trovato migliorata di molto la parte iniziale: trasmette un senso di rabbia profonda, accumulata per lungo tempo, ma ancora impossibilitata ad esplodere. Poi, però, credo che tu abbia tagliato troppo, in virtù del "sacrosanto" principio dello "Show, don't tell".
In linea di massima sono d'accordo con quanto scrive Gamberetta, ma non vedo tutta questa necessità di eliminare aggettivi, descrizioni, narrazioni, digressioni. Ok, se sono troppe e pedanti rallentano la lettura, ma se ben costruite, con parsimonia ed equilibrio, non possono che giovare.
In fondo la letteratura del passato, molto spesso, si fonda sulla tecnica del racconto-descrizione ed è di gran valore anche per questo. Sono profondamente in disaccordo con Gamberetta quando giustifica questo fatto con un "non erano in grado di mostrare e basta" perché vecchi, rimbambiti, polverosi borghesi ottocenteschi. E' vero che la letteratura si evolve, ma in virtù di questo, ritengo che ogni scrittore del 2011 abbia il diritto di usare lo stile che più gli aggrada, senza rinunciare al caro e tradizionale modo di narrare.
La tecnica adorata da Gamberetta è molto dinamica e aiuta il lettore a immedesimarsi nel personaggio e nelle vicende, ma a lungo andare (se non si è scrittori di grande calibro o esperienza) l'uso del "mostrare senza raccontare" appiattirebbe di gran lunga le vicende, privandole di una serie di sfumature e chiaroscuri che un lettore non cerebroleso riuscirebbe a percepire, anche se con un leggero sforzo in più. Ma questa è una mia opinione personale :)
W.

AnitaBook ha detto...

Wastername, ottima riflessione (come sempre). Mi sta succedendo una cosa strana, da quando ho iniziato a leggere i manuali di Gamberetta: rintanandomi nei romanzi che ho sul comodino non riesco più a trovarvi un appagamento. Me ne sto minuti interi a ragionare sulla forma narrativa, lo stile, la sintassi e il "show, don't tell". Uffa, perché? La tecnica utilizzata da Gamberetta è perfetta, senza sbavature, e ti permette di provare le stesse sensazioni dei personaggi di... essere loro e lì con loro. I testi che ho prodotto, invece, mi sembrano un'accozzaglia di descrizioni pesanti che privano di sapore la lettura...

Wastername ha detto...

Ma guarda, il tuo modo di scrivere non posso giudicarlo perché di tuo non ho letto quasi niente, se non qualche stralcio su Internet. Da quel poco però ho potuto intendere che uno dei tuoi punti forti sono appunto le descrizioni, complice anche l'utilizzo di metafore e altre figure retoriche che creando una situazione "immaginifica" hanno lo scopo di suscitare emozione e partecipazione nel lettore (un ottimo esempio è nella tua ultima video-recensione di Mary Terror!).
Ma dimmi... come avresti potuto descrivere il modus vivendi degli anni '60 con lo "Show, don't tell"! Sarebbe stata un'impresa ardua e di certo non la più efficace allo scopo!
Posso dire che la tecnica proposta da Gamberetta è molto efficace e MODERNA, ma insieme a un José Saramago o a un Chuck Palahniuk possono ancora coesistere un Dickens o un Dostoevskij! :)
Anche io come te, Anita, mi trovo spiazzata davanti alle infinite regole proposte da Gamberetta, ne tengo conto, ma non ne faccio una ragione di vita.
Elementi molto importanti sono senza dubbio l'attenzione ai particolari, la revisione metodica e la documentazione, ma se ogni tanto nel tuo romanzo ci ficchi dentro qualche bella descrizione, nessuno chiuderà il libro e lo getterà dalla finestra trovandolo noioso... anzi! Poi ognuno sviluppa la propria tecnica di scrittura, sulla base anche dei propri gusti e personalità, altrimenti tutto diverrebbe abbastanza monotono, non credi? :)
Comunque Anita, credimi.. non sarò esperta in scrittura come Gamberetta, ma ho abbastanza buon senso per capire che tu sei sulla strada giusta! :P

AnitaBook ha detto...

Ti ringrazio e tesorizzo.
Anche io credo che lo stile debba caratterizzarsi in relazione alla personalità dell'autore, alla sua morfologia di pensiero, al suo estro creativo e al suo modo di considerare e trattare le parole. Proprio questo, a mio parere, rende vario l'universo letterario altrimenti monocromatico. Posso aprire una piccola parentesi su Palahniuk? Allora, ho provato a leggere qualcosa di questo autore. "Soffocare" è stata la mia scelta. Non voleva essere una lettura vera e propria ma, piuttosto, un approccio. Beh, sono rimasta spiazzata. Molti sono stati i pensieri che hanno cominciato ad affollare la mia mente: ma che roba scrive?, è un genio!, superbo e intelligente, oddio, non ce la faccio a proseguire oltre!, che spasso di scrittore, perverso ma consapevole, eccetera eccetera. Lo riprenderò, non c'è dubbio, ma la domanda che non sono riuscita a risolvere è: come si definiscono autori di questo calibro e di questo genere?

Wastername ha detto...

Diciamo che ogni scrittore è una storia a sè e va scoperto in quanto tale. Una delle cose che amo più nei libri, infatti, è cercare di leggere fra le righe la personalità, l'indole, l'esperienze di vita dell'autore... ma solo quando si tratta di VERA letteratura e non solo di "narrativa d'intrattenimento" (va bene anche quella, per carità, ma a lungo andare diventa un pò insipida! :P)
Palahniuk è uno dei più interessanti autori che la letteratura contemporanea ha partorito nell'ultimo decennio.. un geniaccio, come hai detto tu, talento e sregolatezza, per dare una definizione banalotta. Perchè nascano autori del genere occorre una vita non semplice alle spalle e tanto studio, infiniti tentativi e altrettanti fallimenti. La cosa più divertente e che nei suoi primi romanzi (antecedenti a Fight Club, per intenderci) cercava di emulare Stephen King.. insomma, il Re è stato ed è un pò il maestro di tutti noi! :P
Non sono una grande esperta del genere, ma il suo stile credo si collochi in quella corrente nichilista postmoderna fra cui spicca anche Irvine Welsh, ancora più sordido e malsano per alcuni.
E' difficile da digerire ed è spiazzante. E' un buon esempio di una scrittura minimalista, trasgressiva e creativa... non si perde in fronzoli, questo è certo!;) Un pugno nello stomaco, che può piacere alla follia o nauseare, ma che di sicuro non lascia indifferenti!
W.

AnitaBook ha detto...

Ma, a mio parere, efficace.
Autore "cult", da leggere.
Pochi si arrischiano come lui. Pochi di quelli che mi è capitato di leggere e non certo facendo leva su un linguaggio così aspro e prorompente. Invade gli spazi del pensiero. Quando si legge Palhaniuk, è come ritrovarsi in una stanza con l'unica porta chiusa a chiave. Spacciato, senza via di fuga. Cosa stai leggendo ora, Wastername?