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martedì 15 maggio 2018

Caro libro ti scrivo. Dialogo interiore sul futuro della lettura.


Sono un'anima romantica, e lo sapete già. Spesso e volentieri mi sento infestata da pensieri che osano dove la mente si paralizza o dove il cuore “si spaura” e che si arrischiano a navigare le acque limacciose di una malinconia atavica, originaria di chissà dove eppure così ben radicata.
Non è per rivangare il passato né per osteggiare il futuro, ma questo presente indigesto, a volte, mi trascina nel tormento e nell'angoscia di non poter più risalire, di rimanere intrappolata nei rigori di un sistema a circuito chiuso, senza via d'uscita né bocchettoni da cui prendere l'aria.
Che futuro ha il libro? Che futuro hanno i lettori?
Ieri si è conclusa la 31esima edizione del Salone del Libro di Torino che, come ogni anno, ha registrato un'affluenza da capogiro, tanto che nella giornata di sabato i tornelli sono rimasti blindati per un paio d'ore a causa del numero di visitatori che aveva raggiunto la capienza massima consentita dallo stabile. Uno scenario promettente, verrebbe da dire, specialmente perché i padiglioni erano gremiti di giovani, ma a conti fatti solo un evento circostanziato. Con tutta probabilità finirà che essere immortalati al Salone sarà considerata “tendenza” come il resto delle abitudini umane.
Non lo so amici, ma quelle che un tempo erano le mie incrollabili certezze iniziano a vacillare.